Marina Rossi




(Sulle rive del Mar Bianco (estate 2001) di fronte alle isole Solovietskij)

Più volte docente a contratto presso le cattedre di Storia dei Paesi Slavi delle Università di Trieste e Venezia, con cui continua a collaborare attivamente, ricercatrice presso l'Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione di Trieste. Autrice di numerosi saggi ed articoli riguardanti la storia del lavoro e del movimento operaio organizzato nelle provincie meridionali dell'impero asburgico e la lotta politica nel Nord-est d'Italia dal primo dopoguerra alla fine della seconda guerra mondiale, è particolarmente nota, anche all’estero, per gli studi riguardanti il fronte orientale e le prigionie in Russia nel corso dei due conflitti mondiali. Tra i volumi più importanti, legati alle ricerche russe: I prigionieri dello zar (Mursia, Milano 1997),Irredenti giuliani al fronte russo (Udine 1999), Le Streghe della notte. Storia e testimonianze dell'aviazione femminile in URSS (1941-1945)(ed. Unicopli, Milano 2003), Evghenij Chaldej, un grande fotografo di guerra (Ed. La Stampa, Torino, 2006). Dal 1994 ha collaborato con Umberto Asti, come consulente storica, in tutti i documentari d'argomento russo da lui realizzati: L'altra riva del Don,1995, L'uomo del Volga, 2000, La Vittoria non ha le ali, 2002. Come co-sceneggiatrice ha collaborato con lo stesso autore per I naviganti, 2006 e Chapiteau, 2007.
Per le ricerche filmiche e la cura dei testi riguardanti il fronte orientale e la frontiera giuliana, ha partecipato ai documentari I prigionieri di guerra, di J. Gianichian e A. Ricci, Museo Rovereto 1995; Cronache militari dei fronti galiziano e balcanico, Museo Rovereto 1996; Passano i soldati, di L. Gasperini, Roma 2001; Trieste sotto, Rai international, Roma 2002.

i prigionieri dello zar

LE STREGHE DELLA NOTTE

Milano, Unicopli, 2003

Nell’estate del ’42, nessuno degli eserciti dello schieramento nazifascista poteva immaginare che a rispondere alla tempesta di fuoco da essi scatenata sulla pianura del Don, vi fossero le più celebri eroine dell’aria dell’URSS, studentesse ed operaie patite del volo. Non se ne resero subito conto neppure i piloti della Luftwaffe, che qualche settimana dopo avrebbero bollato, nei loro volantini, con l’epiteto di “Streghe della notte”, le volontarie del 588° reggimento femminile da bombardamento leggero notturno. Quelle giovani donne, sfidando le gerarchie militari maschili, avevano deciso, senza esservi costrette da alcuno, di impugnare le armi per difendere la patria aggredita e poter sperare nel futuro. Una storia sommersa, che l’autrice ricostruisce avvalendosi di una ricca documentazione inedita e della testimonianza diretta delle protagoniste. .

IRREDENTI GIULIANI AL FRONTE RUSSO

Udine, Del Bianco, 1998

Sottoposti a pressioni politiche affinché si schierassero a favore dell'Italia, ai reduci ex a.u. prigionieri in Russia non fu riconosciuto alcun titolo di merito. Le autorità militari italiane li trattarono invece con diffidenza sia a causa delle diverse radici etniche, che delle loro convinzioni politiche non sempre coincidenti con gli interessi del Regno d'Italia. Metodi espressivi ed i provvedimenti disciplinari adottati dal Governatorato militare e dal Commissariato Civile della Venezia Giulia contribuirono così ad infrangere il mito della patria ideale anche nei più convinti irredentisti di fede mazziniana.

prigioneri dello zar

I PRIGIONIERI DELLO ZAR

Milano, Mursia, 1997

Durante la Grande guerra molti italiani, sloveni e croati, combattenti nelle file dell’esercito austro-ungarico sul fronte orientale, conobbero la prigionia in Russia. Le loro vicende, comuni a quelle dei soldati di tutte le nazionalità dell’Impero, sono state oggetto di una lunga rimozione in tutti i paesi coinvolti nel conflitto. Dalle lettere, dai diari, dalle testimonianze e dai documenti d’archivio, riemerge l’esperienza di questi vinti dimenticati. Alcune persistenze dello Stato zarista in quello sovietico, come ad esempio la continuità dei servizi riservati e della censura, l’arretratezza economica e sociale del paese, la dislocazione dei luoghi d’internamento, aprono altri significativi confronti con l’esperienza vissuta in Unione Sovietica dai soldati italiani del CSIR e dell’Armir.